La Cappella Sansevero è un gioiello del patrimonio artistico partenopeo, eletta qualche anno fa da TripAdvisor il miglior museo d’Italia.
È situata nel cuore del centro storico di Napoli, alle spalle di San Domenico Maggiore e nei pressi di San Gregorio Armeno.
La Cappella Sansevero nasce come mausoleo nobiliare, posizionata vicino al palazzo di famiglia e concepita come luogo di culto, oggi sconsacrata.
Questo complesso è diventato, poi, nel progetto di Raimondo Di Sangro, settimo principe di Sansevero, grande mecenate e primo Gran Maestro della Massoneria napoletana, una sorta di tempio iniziatico in cui il suo ideatore riuscì a trasfondere la sua geniale e poliedrica personalità.
Una “dimora filosofale” nel cuore di una città esoterica qual è il capoluogo partenopeo, carica di simbologie e di mistero, non ultimo quello che circonda la vera materia di cui è fatta la statua del Cristo velato.
Un luogo in cui splendore e arcano, simbologia massonica ed esoterica, creatività artistica e orgoglio dinastico, si mescolano creando un’atmosfera unica, fuori dal tempo e dallo spazio.
La Cappella Sansevero è molto più di quello che può apparire a un visitatore inconsapevole.
Dietro l’ovvia simbologia cristiana, questo capolavoro architettonico nasconde, celata nelle sue sculture e pitture, una fitta rete di riferimenti e di simbolismi legati all’enigmatico linguaggio massonico.
La visita alla cappella è un percorso iniziatico che conduce il visitatore alla ricerca della vera conoscenza.
Il pavimento stesso, con tarsie marmoree policrome con all’interno una linea continua bianca, delimitato da una fascia scura lungo tutto il perimetro della navata e intervallato da continui simbolismi tipicamente massonici come croci gammate o cubi concentrici, può essere visto come un labirinto.
Un visitatore attento, superata la soglia, capirà che le numerose statue che ne scandiscono il perimetro, e che rappresentano alcuni membri della famiglia di Sangro, sono lì per rappresentare e accogliere l’associato, in una vera cerimonia iniziatica massonica.
La Cappella Sansevero riproduce esattamente la pianta di un ritrovo tipico di una Loggia massonica.
All’ingresso, solitamente sorvegliato da un guardiano, troviamo la statua di Cecco di Sangro, che esce dalla tomba con la spada sguainata, per impedire ai profani di entrare ma anche per accogliere simbolicamente l’adepto massone, che, durante la cerimonia d’iniziazione al Primo Grado, viene inizialmente trattato come un intruso.
Al fianco del Guardiano ci sono solitamente due Sorveglianti, che hanno il compito di istruire gli apprendisti di Primo Grado e i Compagni d’arte di Secondo Grado.
Questi sono impersonati dalla statua della Liberalità, che raffigura una donna con in una mano una cornucopia piena di denari e nell’altra un compasso, e dell’Educazione, che ritrae una donna che istruisce un bambino. La presenza ai piedi della statua di una cornucopia e di un’aquila è la metafora della ricchezza spirituale che il massone acquisisce nella fratellanza e del contributo materiale che i confratelli devono dare all’associazione per compiere le opere di bene.
Nella cappella troviamo poi le due statue del Decoro, che raffigura un giovane androgino, semicoperto da una pelle di leone, e dell’Amor Divino, una figura androgina che stringe un cuore e ha la mano attorcigliata da una catena.
Queste statue descrivono due delle tappe fondamentali nel cammino del massone: quella dell’acquisizione della rettitudine morale e quella del dominio sulla sua natura ferina.
Mentre il fatto che una statua indossi a un piede un sandalo allacciato e all’altro uno zoccolo, riproduce il neofita che quando deve essere iniziato alla Massoneria entra nel tempio con un piede scalzato.
Al termine del percorso iniziatico, siamo quindi pronti ad acquisire la vera conoscenza.
Ecco allora che troviamo le ultime due statue raffiguranti le virtù: il Disinganno, che descrive un uomo intrappolato in un’intricata rete, e la Pudicizia che ritrae invece una donna coperta da un velo, dove il tessuto è modellato con tale grazia e naturalezza sul corpo da sembrare una seconda pelle.
Sia la statua del Disinganno sia quella della Pudicizia sono dedicate ai genitori del Principe di Sangro e sono un chiaro riferimento all’iniziando che si libera delle false verità, riuscendo finalmente a scorgere l’autentica conoscenza.
Da notare, inoltre, che, sotto la statua del Disinganno, si trova un bassorilievo che raffigura la scena biblica di Gesù che ridona la vista a un cieco, vestito proprio come l’Apprendista quando entra nel tempio. Chiara rappresentazione, quindi, del momento in cui il Maestro Venerando mostra la retta via al neofita.
Il Cristo velato
La statua del Cristo velato è un’opera d’arte di ineguagliabile bellezza, tra le più note e suggestive al mondo, che attrae turisti di ogni continente e dal 2006 è considerato Monumento simbolo della città Partenopea.
Il Cristo velato è una perla dell’arte barocca, un capolavoro scultoreo mondiale di tale bellezza che Antonio Canova sarebbe stato disposto a dare dieci anni della sua vita pur di essere stato l’autore di una simile meraviglia ed è collocata al centro dell’unica navata della Cappella Sansevero.
Fu commissionata inizialmente da Raimondo di Sangro ad Antonio Corradini, che per il principe aveva già scolpito la Pudicizia, che però morì, riuscendo a terminare solo un bozzetto in terracotta dell’opera.
Fu così che il principe incaricò Giuseppe Sanmartino, un giovane artista napoletano, di realizzare “una statua di marmo scolpita a grandezza naturale, rappresentante Nostro Signore Gesù Cristo morto, coperto da un sudario trasparente realizzato dallo stesso blocco della statua”.
Sanmartino si mette al lavoro tenendo poco conto del precedente bozzetto, realizzando così un’opera unica, un capolavoro dove la particolarissima maestria e il messaggio stilistico, tutto impresso nel velo, uniti a un palpito e a un sentimento tardo-barocco, donano all’opera un’impronta mai compiuta prima d’ora.
L’artista quasi scarnifica il corpo senza vita del Cristo, su cui il velo, pur posato in tutta la sua morbidezza, incide con le sue pieghe una sofferenza profonda e mostra in maniera inesorabile e dolorosa le linee del corpo martoriato.
Il velo appare quasi trasparente e attraverso di esso si legge tutto il supplizio del Signore nella vena ancora gonfia e palpitante sulla fronte, nelle trafitture dei chiodi sui piedi e sulle mani sottili, nel costato scavato. La durezza dei tratti scolpiti, segno di una ricerca intensa aliena da canoni di scuola, non viene disturbata dai preziosismi dei ricami ai bordi del sudario o dagli strumenti della Passione posti ai piedi del Cristo.
Con l’arte di Sanmartino la sofferenza del Cristo è simbolo del destino e del riscatto di tutta l’umanità.
La fama di alchimista e scienziato di Raimondo di Sangro ha fatto fiorire la leggenda che questi avrebbe insegnato al Sanmartino il processo alchemico di “marmorizzazione” del tessuto.
Seppure questa leggenda sia intrigante, in realtà, il Cristo velato è un’opera interamente in marmo, ricavata da un unico blocco di pietra, come si può constatare da un’osservazione scrupolosa e come attestano vari documenti coevi alla realizzazione della statua.
Le macchine anatomiche
Interessanti, anche se solo per stomaci non sensibili, anche le famose Macchine anatomiche, conservate nella Cavea sotterranea della Cappella Sansevero.
Sono gli scheletri di un uomo e di una donna in posizione eretta, con il sistema arterovenoso quasi perfettamente integro, realizzate dal medico palermitano
Giuseppe Salerno, e ancora oggi si dibatte sui procedimenti e i materiali grazie ai quali si è potuta ottenere una tanto eccezionale conservazione dell’apparato circolatorio.